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Vann Nath, uno dei sette sopravvissuti delle quattordicimila persone torturate e uccise nella prigione S-21 Tuoi Sleng in Cambogia, racconta la propria storia e quella del perverso regime di Pol Pot. Vann Nath era un pittore e il potere dell'immagine gli salvò la vita: è stata ritrovata la lista di prigionieri su cui campeggiava la scritta «distruggere» e dove il suo nome era stato sottolineato in rosso e affiancato dalle parole «tenere e usare». Da quel giorno il regime gli chiese di dipingere ritratti di Pol Pot e questo gli permise di giungere vivo alla fine della dittatura. Vann Nath lavorò all'apertura del Museo del genocidio e ripercorse coraggiosamente gli orrori del regime, dipingendo ciò che ricordava degli arresti, delle torture, degli omicidi. Paradossalmente, nello sterminio che costò la vita a un terzo della popolazione cambogiana, i Khmer rossi risparmiarono proprio colui che con la sua arte poteva riprodurre in immagini le loro atrocità. Vann Nath ha testimoniato al Tribunale speciale per i Khmer rossi, e i suoi dipinti sono stati usati come prove, contribuendo alla condanna all'ergastolo di Duch, il feroce direttore della prigione, per tortura, stupro, omicidio e crimini contro l'umanità. Prefazione di Lawrence Osborne.